Questo spazio è destinato ad ospitare interventi dei Soci, relativi alle specificità del Diritto dell’Unione europea e alle sue prospettive rispetto al settore concorsuale 12/E1
Maurizio Orlandi30 Settembre 2015 at 13:25Rispondi
Salve a tutti.
Le differenze che intercorrono tra il diritto internazionale ed il diritto dell’ UE sono ben evidenti, la Corte di giustizia UE le ha segnalate ormai da 50 anni!.
Oltre al fatto che il diritto UE presenta delle caratteristiche che lo assimilano al diritto pubblico, c’è da sottolineare un diverso approccio alle relative tematiche, diversità che è sottolineata anche dal fatto che, agli ultimi concorsi, chi ha trattato di tematiche europee non ha avuto molta fortuna (come peraltro chi ha scritto di diritto internazionale dell’economia).
Una separazione dei due settori concorsuali mi sembra quantomai opportuna!
Resta il fatto che, per un certo numero di anni, delle Commissioni oneste dovrebbero comunque considerare le pubblicazioni nell’altra materia!
Maurizio Orlandi
Cara Chiara, cari colleghi,
Lo scorporo risolve alcuni problemi ma ne genera altri e diversi.
Sicuramente tra i problemi vi è stata la mancata valorizzazione degli studiosi di diritto comunitario nelle prime due tornate concorsuali – problema non irrisolvibile anzitutto perche legato alle scelte di fondo di una specifica commissione, in secondo luogo perche ovviabile in futuro con commissioni miste.
Il secondo problema, forse piu rilevante, è l’attrattivita del nuovo settore per gli studiosi che provengono da altre discipline: costituzionale, amministrativo, pubblico comparato, ma la lista è in realtà aperta. Personalmente non sono preoccupata da una perdita di “controllo” da parte delle scuole che tradizionalmente studiano il comunitario in Italia, quanto mi spaventa un abbassamento deigli standard qualitativi per accogliere tutti ecumenicamente, proprio perché il setttore ha bisogno di numeri ben più importanti.
Quest’ultimo problema non si risolve stabilendo palettti e confini ma pretendendo serietà e qualità dei percorsi formativi. Continuo ad essere convinta che gli studi internazionalistici siano importanti per formare un buon comunitarista, ma non è con una difesa corporativa che si potrà apparire credibili, semmai valorizzando quei percorsi che, pur differenti rispetto ai nostri, dimostrino un grado di approfondimento ed un’ampiezza nella conoscenza della materia altrettanto apprezzabili. Non vorrei che si diventasse professori conoscendo una politica dell’Unione, o magari, avndo esperienza di come si fanno i progetti europei. I fondamenti rimangono la cosa piu importante e la conoscenza (o non conoscenza) del sistema istituzionale è essenziale ed immediatamente percebibile in realta anche leggendo un testo sulla politica agricola o sulla politica sociale europea.
Questo problema si risolve, credo, incoraggiando i nostri soci che insegnano il comunitario a passare allo IUS 14 ed auspicando che in veste di commissari sapranno discernere con saggezza.
Un ultimo problema, che mi tocca personalmente, e’ quello dei curricula misti, e non mi riferisco solo alle pubblicazioni a cavallo tra i due settori come le relazioni esterne dell’unione (o il diritto internazionale privato comunitario) quanto proprio a quelle riferibili solo all’uno o solo all’altro. Ho la disgrazia (!) di avere scritto di diritto dell’Unione e di diritto internazionale dell’economia, perché nel mio percorso di ricerca i rimandi tra un campo e l’altro erano evidenti anche se non immediatamente percepibili. Provengo da una scuola (e forse da una generazione) in cui ancora era frequente l’incoraggiamento dei maestri a coltivare piu settori, era considerato un valore aggiunto. Molti di noi si trovano in realta nella stessa situazione.
Cosa succedera’ se dovessi presentarmi ad una commissione di ius 14? Probabilmente una parte dei miei titoli non sarebbe considerata rilevante. Se l’apertura a studiosi di altre discipline fosse gia’ realizzata mancherebbero gli strumenti e l’interesse a valutare i titoli “spuri”, mi chiedo perfino se entrerebbero nel calcolo delle mediane.
Se mi presentassi invece ad una commissione di IUS 13 il rischio sarebbe “solo” quello di riassistere ad un film gia visto, legittimato in questo caso dall’esistenza di un settore diverso per lo IUS 14.
Perdonatemi se ho fatto un esempio personale, ma credo che il caso non sia isolato.
Stimo troppo i colleghi della SIDI per ritenere che in realta’ vogliano favorire questi scenari, penso solo che possano essere sfuggite alla valutazioni una serie di criticita’ specifiche che riguardano solo alcuni di noi e vi sarò grata se – qualunque sia lo scenario futuro- si potranno prenderle in considerazione.
Cari saluti
Susanna
Salve a tutti.
Le differenze che intercorrono tra il diritto internazionale ed il diritto dell’ UE sono ben evidenti, la Corte di giustizia UE le ha segnalate ormai da 50 anni!.
Oltre al fatto che il diritto UE presenta delle caratteristiche che lo assimilano al diritto pubblico, c’è da sottolineare un diverso approccio alle relative tematiche, diversità che è sottolineata anche dal fatto che, agli ultimi concorsi, chi ha trattato di tematiche europee non ha avuto molta fortuna (come peraltro chi ha scritto di diritto internazionale dell’economia).
Una separazione dei due settori concorsuali mi sembra quantomai opportuna!
Resta il fatto che, per un certo numero di anni, delle Commissioni oneste dovrebbero comunque considerare le pubblicazioni nell’altra materia!
Maurizio Orlandi
Cara Chiara, cari colleghi,
Lo scorporo risolve alcuni problemi ma ne genera altri e diversi.
Sicuramente tra i problemi vi è stata la mancata valorizzazione degli studiosi di diritto comunitario nelle prime due tornate concorsuali – problema non irrisolvibile anzitutto perche legato alle scelte di fondo di una specifica commissione, in secondo luogo perche ovviabile in futuro con commissioni miste.
Il secondo problema, forse piu rilevante, è l’attrattivita del nuovo settore per gli studiosi che provengono da altre discipline: costituzionale, amministrativo, pubblico comparato, ma la lista è in realtà aperta. Personalmente non sono preoccupata da una perdita di “controllo” da parte delle scuole che tradizionalmente studiano il comunitario in Italia, quanto mi spaventa un abbassamento deigli standard qualitativi per accogliere tutti ecumenicamente, proprio perché il setttore ha bisogno di numeri ben più importanti.
Quest’ultimo problema non si risolve stabilendo palettti e confini ma pretendendo serietà e qualità dei percorsi formativi. Continuo ad essere convinta che gli studi internazionalistici siano importanti per formare un buon comunitarista, ma non è con una difesa corporativa che si potrà apparire credibili, semmai valorizzando quei percorsi che, pur differenti rispetto ai nostri, dimostrino un grado di approfondimento ed un’ampiezza nella conoscenza della materia altrettanto apprezzabili. Non vorrei che si diventasse professori conoscendo una politica dell’Unione, o magari, avndo esperienza di come si fanno i progetti europei. I fondamenti rimangono la cosa piu importante e la conoscenza (o non conoscenza) del sistema istituzionale è essenziale ed immediatamente percebibile in realta anche leggendo un testo sulla politica agricola o sulla politica sociale europea.
Questo problema si risolve, credo, incoraggiando i nostri soci che insegnano il comunitario a passare allo IUS 14 ed auspicando che in veste di commissari sapranno discernere con saggezza.
Un ultimo problema, che mi tocca personalmente, e’ quello dei curricula misti, e non mi riferisco solo alle pubblicazioni a cavallo tra i due settori come le relazioni esterne dell’unione (o il diritto internazionale privato comunitario) quanto proprio a quelle riferibili solo all’uno o solo all’altro. Ho la disgrazia (!) di avere scritto di diritto dell’Unione e di diritto internazionale dell’economia, perché nel mio percorso di ricerca i rimandi tra un campo e l’altro erano evidenti anche se non immediatamente percepibili. Provengo da una scuola (e forse da una generazione) in cui ancora era frequente l’incoraggiamento dei maestri a coltivare piu settori, era considerato un valore aggiunto. Molti di noi si trovano in realta nella stessa situazione.
Cosa succedera’ se dovessi presentarmi ad una commissione di ius 14? Probabilmente una parte dei miei titoli non sarebbe considerata rilevante. Se l’apertura a studiosi di altre discipline fosse gia’ realizzata mancherebbero gli strumenti e l’interesse a valutare i titoli “spuri”, mi chiedo perfino se entrerebbero nel calcolo delle mediane.
Se mi presentassi invece ad una commissione di IUS 13 il rischio sarebbe “solo” quello di riassistere ad un film gia visto, legittimato in questo caso dall’esistenza di un settore diverso per lo IUS 14.
Perdonatemi se ho fatto un esempio personale, ma credo che il caso non sia isolato.
Stimo troppo i colleghi della SIDI per ritenere che in realta’ vogliano favorire questi scenari, penso solo che possano essere sfuggite alla valutazioni una serie di criticita’ specifiche che riguardano solo alcuni di noi e vi sarò grata se – qualunque sia lo scenario futuro- si potranno prenderle in considerazione.
Cari saluti
Susanna